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Durante le verifiche…

Durante le verifiche non riesco a restare fermo alla cattedra.
Passo tra i banchi, guardo i volti, ascolto i respiri.
Se qualcuno si perde, cerco di riportarlo dentro la strada del ragionamento. Non per suggerire, ma per non lasciarlo solo.
Ho sempre pensato che la verifica scritta non fosse un tribunale, ma una continuazione del dialogo. Un dialogo silenzioso, forse, ma ancora vivo. Perché anche in quel momento — mentre lo studente scrive, cancella, si ferma — continua a parlare con me, con le mie lezioni, con le parole che gli ho affidato nei giorni precedenti.
Ogni risposta è un gesto di ritorno: è il modo in cui mi dice “ho capito”, oppure “sto cercando di capire”. E io, leggendo, ascolto di nuovo quella voce. Una voce che non chiede giudizio, ma attenzione.
Forse educare è proprio questo: imparare a riconoscere il dialogo anche quando tace. Sapere che persino un foglio pieno di errori può essere un modo per dire: “Eccomi, sto ancora provando.”

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