≡ Menu

come il mare alla bassa marea…

In un mondo dove le nuvole non sono più solo ammassi di vapore sospesi nel cielo, ma scrigni di conoscenza che fluttuano in un’etere digitale, la visione di Crabe Backwards ci offre uno specchio in cui riflettere su quanto la nostra interazione con la tecnologia si stia rarefacendo, come acqua che lentamente evapora sotto il sole di un giorno d’estate.
La sua “Galassia Pan” ci guida in un percorso che ci vede passare dal pesante monolite del televisore, re indiscusso degli anni Settanta, a un leggero flauto, simbolo di una comunicazione che si è trasformata in un soffio di vento, un sussurro nell’orecchio dell’umanità.
La tecnologia, compagna fedele del nostro quotidiano, si è fatta sempre più impalpabile, come la polvere di un vecchio libro che si solleva al passaggio delle dita. Da un monolito che troneggiava nelle nostre case, abbiamo visto nascere il telecomando, piccolo totem che ci ha permesso di sottrarci alla tirannia dell’audio e dei colori, strumento magico che ci ha concesso il dono del zapping.
E poi il videoregistratore, chiave di volta di questa metamorfosi, che ha sottratto il racconto dal rettilineo corso del tempo, permettendoci di riavvolgere il nastro delle storie, di sottrarci all’imposizione della linearità. E infine, l’avvento di Internet, la lente attraverso cui abbiamo osservato il mondo trasformarsi in un collage di immagini statiche, spesso monocrome, un teatro silenzioso dove le parole scritte riecheggiano come echi in una grotta.
Ecco che, allora, la tecnologia si ritrae come il mare alla bassa marea, lasciando scoperto un paesaggio fatto di suoni. Un paesaggio che l’utente, emancipato dalla passività dell’osservatore, può modulare a suo piacimento, come un compositore davanti al suo pentagramma.
Ma nonostante l’apparente leggerezza di questa trasformazione, si cela un’involuzione, un ritorno alle origini. La nostra comunicazione, un tempo ricca di immagini e suoni, si è ridotta a una sequenza di suoni spogli, di parole scritte che fluttuano nello spazio virtuale come foglie portate dal vento. Siamo passati dal pieno rumore del mondo alla silenziosa solitudine del deserto.
E così, mentre osserviamo questa marea che si ritira, ci ritroviamo a domandarci: stiamo realmente andando avanti, o stiamo semplicemente tornando indietro, verso un’era in cui la comunicazione era un flauto suonato da Pan, un fischio nel vento, una melodia così semplice e leggera da poter essere trasportata da un soffio di vento?

{ 0 comments… add one }

Rispondi