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come germogli sul tronco nodoso della memoria…

Dentro il minimalismo ascetico di Yamamoto Masao riecheggia un’eco spirituale, un lamento d’amore per la delicatezza di ogni piccolo dettaglio. Il suo obiettivo cattura e rafforza la poesia insita nelle cose comuni, trova la profondità di un Haiku nella piega di un petalo, nel volo di un uccello, nel contorno di una figura femminile.


Questo è un lavoro che chiede silenzio, pazienza, l’attenzione di un monaco zen che cura ogni movimento come se fosse preghiera. E così la fotografia diventa meditazione, un invito a fermarsi, a riflettere, ad aprire nuovi percorsi visivi nel paesaggio della nostra mente. Ogni immagine è un frammento di un mosaico universale, ogni dettaglio un segno di un’armonia più grande, che lega tutte le cose.


Yamamoto sottrae, anziché aggiungere: le sue fotografie sono minimaliste, raccolte in sé stesse, piccole come mani giunte in preghiera. Non vi è alcuna ridondanza, nulla è lasciato al caso: tutto risuona di una compostezza formale che si staglia contro il tempo.


Questo è il Giappone di Yamamoto, una terra che sospesa tra antica tradizione e contemporaneità, ancora risuona delle voci placide del passato, anche se avvolta nel linguaggio della modernità. E in questo fragilissimo equilibrio, in queste immagini così delicate da sembrare quasi viventi, si coglie l’essenza stessa dell’arte: la resistenza al logorio del Tempo.
Il Tempo in Yamamoto è un fiume lento, riluttante nel suo fluire. Ma il fotografo sa domarlo, lavora su ogni immagine come un artigiano, forgia il Tempo fino a che non diventa parte integrante del quadro, una melodia sotterranea che pervade ogni scatto.
Le immagini del maestro s’innestano come germogli sul tronco nodoso della memoria. Come mani tese, si afferrano al tempo, lo arrestano in una morsa di luce e ombra, custodiscono un ricordo, strappandolo all’oblio che vorrebbe inghiottirlo. In ciascun suo scatto, Yamamoto ci mostra un’arcaica resistenza al trascorrere del tempo, come la natura che insiste nel fiorire nonostante l’inverno. Si veste di quel tempo svanito, ne fa un’arte, e lo offre a noi come un dono, un tesoro ritrovato nelle pagine impolverate del tempo. E questo, possiamo chiamarlo ‘bellezza’; un tipo di bellezza che, come una melodia eterna, sfida il logorio del tempo e dell’oblio.

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