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…verso l’ultimo riposo

La notte ha un suo ritmo, lo conoscono i pescatori e i pastori. Lo conosceva lei, la signora della notte. Arrivava col favore del buio, silenziosa, le vesti nere confuse con l’oscurità. Entrava piano nelle case di chi stava consumando l’ultima candela della vita. Con gesti teneri e antichi alleviava quelle torture, regalava una morte pietosa. Non c’era esecuzione, ma misericordia nelle sue mani.

Ogni vita si spegne prima o poi, ogni luce cede alla notte. Ma quella signora veniva a portare una luce più mite, ad accompagnare dolcemente verso l’ultimo riposo. Perché non c’è pace maggiore di un dolore lenito, di una sofferenza che trova fine.

Anche oggi c’è chi invoca quella stessa grazia, quell’abbraccio nero che consolida l’anima. La chiamano eutanasia, ma è sempre lei, la dama della notte. Cambiano i tempi e le parole, non cambia il desiderio dell’uomo di sottrarsi a un dolore senza scampo.

C’è molta umanità in quel gesto antico. C’è il riconoscimento sommesso che a volte la vita si fa solo peso, e bisogna saperla lasciar andare. Come si lascia andare un figlio cresciuto, sapendo che altrove lo attende un suo cammino.

Quella donna vestiva i panni scuri della notte. E come la notte portava riposo. Il suo nero non era oscurità, ma l’abbraccio quieto che riceve ogni cosa. Anche la vita, foglia stanca, prima o poi si stacca dal ramo. E quando cade, è bello che qualcuno raccolga quella foglia con cura, e la adagi piano a terra.

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