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…a noi il compito di seguirli, non giudicarli.

L’Italia contemporanea si interroga di frequente sul proprio declino. Lo fa brancolando tra rimpianti sterili e luoghi comuni dal sapore rancido. L’ultimo esempio è l’articolo pubblicato da un noto quotidiano, firmato da autorevole mano appartenente all’élite intellettuale del Paese.
Un testo impregnato di giudizi sommari e malcelata nostalgia per un’epoca passata, probabilmente mai esistita se non nell’immaginario di certi ambienti. Nel mirino, ancora una volta, le nuove generazioni. Adolescenti liquidati come orde barbariche, rei solo di parlare lingue diverse dai loro giudici ultracinquantenni.
Come se la gioventù non fosse da sempre, per sua stessa natura, simbolo di futuro e cambiamento. Come se la storia non ci insegnasse che ogni epoca teme e disprezza i giovani che ne preparano il ricambio.
Quei ragazzi osservati con sufficienza su un treno da Roma a Foggia non hanno colpa alcuna. La loro supposta volgarità e maleducazione è semmai lo specchio di una società che ha smarrito valori condivisi. Che ha smesso di investire in istruzione e cultura, lasciando i suoi figli in un limbo privo di guide e modelli positivi.
Eppure, osservando quei corpi afflosciati sui sedili del treno, si intravede ancora il desiderio innato di socialità, di scoperta, di crescita. Sono solo più soli, questi ragazzi, in un mondo che non offre loro certezze o prospettive solide. Un mondo dove perfino trovare un primo lavoro è chimera.
Giudicarli con paternalistica sufficienza, come relitto di una gioventù degenerata, è un comodo alibi per non guardare in faccia i problemi di un Paese immobile e autoreferenziale. Un Paese che rimpiange un passato mitizzato invece di impegnarsi per costruire un futuro migliore.
Quei giovani sono il nostro futuro, contengono la nostra speranza di riscatto. Spetta alle generazioni adulte valorizzarli, non denigrarli. Dobbiamo riconoscere in loro i figli che non siamo stati capaci di crescere e educare come avremmo dovuto. E ricominciare da capo, con umiltà, pazienza e spirito di servizio.
Solo così l’Italia potrà rimettersi in cammino dopo decenni di stasi. I giovani ne tracceranno la rotta, come sempre nella Storia. A noi adulti il compito di seguirli, non giudicarli.

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