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..un percorso verso un equilibrio tra noi e il mondo..

Ecco, lo sapevo: sono prigioniero. Il reato che mi imputano non mi è ancora chiaro, nascosto com’è dietro a un numero di un articolo del codice di procedura penale. Tra poco entrerà qui, in questa stanza buia e fredda, il capitano che mi ha interrogato prima: verrà a chiedermi di confessare. Dovessi decidere solo per me avrei risolto, ma non sono solo in questa difficile scelta; il mio complice subisce in questo stesso istante, in altro luogo simile a questo, ma a me inaccessibile, la mia stessa sorte. Quando stamani ci hanno prelevato dai nostri appartamenti non siamo riusciti a dirci nulla, nessuna scelta condivisa, nemmeno uno sguardo per abbozzare un accordo. Nulla. Il rumore delle sirene, solo quello, ha accompagnato la nostra corsa su una balorda traiettoria della nostra vita: entrambi condotti nel buio destino dell’incertezza. Cosa farà? Mi tradirà? O sarò io a tradirlo?
Se entrambi decidessimo di non confessare, avremo una pena esigua, poca roba: un anno e saremo fuori. Un anno è un tempo che non spaventa, non ha il duro peso dell’eterno. Non hanno prove, non hanno nulla di concreto su cui appendere le loro ipotesi: se entrambi non confessiamo, in capo a dodici mesi saremo liberi. Ma se lui cede? Se io, mettiamo, m’ostinassi a mantener il silenzio e lui — il bastardo, dico — dovesse decidere di vuotare il sacco? Per me sarebbe la fine. Lui, magari, sarebbe libero per aver contribuito alle indagini, ma io, reticente, avrei da scontare la massima pena, dieci anni. Come potrei resistere tra queste mura per così tanto tempo? Meglio la morte! E se — e qui provo a difendermi — confessassi io? Beh, sarei libero: il capitano me lo ha fatto intendere chiaramente; ma condannerei il mio compagno a pena dura e certa! Valuto oltre e accarezzo l’idea dell’unanime confessione: io e l’altro a svuotare il sacco. Beh, a ‘sto punto sarebbero indugenti: uno sconto del cinquanta per cento della pena ad entrambi: cinque anni di aria divisi dal mondo, cinque anni di mondo visto dalle sbarre.
Il tempo sta per scadere e io non ho ancora deciso cosa fare… In cuor mio vorrei esser fedele ai miei errori: starmene muto, in silenzio… foss’anche solo per assecondare il rifiuto allo sforzo di parlare. Ma se il mio complice pensa di tradirmi? Confessare, a ‘sto punto, mi ridarebbe almeno cinque anni di libertà (se non nove). Io non so cosa cazzo farà il mio compagno, non posso saperlo, mi rifiuto di immaginarlo. Ma so solo che in qualunque caso, buttando nel cesso la mia dignità e confessando, avrò migliore sorte che se mantenessi il punto, la fedeltà al mio onore, senza tradire. L’unica speranza è che il mio compare segua il mio stesso ragionare, ricalchi le mie stesse orme mentali, pervenendo anch’egli alla mia stessa conclusione: confessare. Il nostro, in tal caso, sarà stato un percorso verso un equilibrio tra noi e il mondo. Non sarà la migliore delle scelte, né la migliore delle vite disponibili sul mercato del tempo, ma sarà, a conti fatti, un buon compromesso.

(Sono dispiaciuto per la triste fine toccata a John Nash e a sua moglie; ancor di più mi dispiace di non saper scrivere meglio della sua matematica per ricordarlo).

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