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In Fiduciosa Attesa…

 
C’è una particolare forma di generalizzazione detta indebita che consiste nel sostenere una tesi facendo leva su una generalizzazione condotta a partire da un campione non rappresentativo, costituito cioè da un solo esempio o, il più delle volte, da un numero insufficiente di esempi significativi. Ora, noi sappiamo che argomentare è uno strumento di persuasione e che il fine di persuadere può servirsi di ogni mezzo, retto o scorretto, valido o invalido. Non ci dobbiamo stupire, quindi, se questa particolare forma di fallacia sia pratica comune di chi ha il piacere di sostenere tesi preconcette o che comunque mirino a lisciare il pelo nel verso giusto al sentire comune. Ma forse è meglio ricorrere a un esempio per penetrare il movente psicologico che spinge all’uso di questo strumento retorico. Prendiamo il corsivo di ieri del vicedirettore de la Stampa, Massimo Gramellini. Il pezzo — che potete leggere qui — ha una tesi di fondo null’affatto celata, che mira a dimostrare come i poliziotti bianchi in America siano naturalmente cattivi e pronti a legnare chiunque. Tesi, invero, ardita da provare ma che il Gramellini affronta con indomita leggerezza facendo leva sulle emozioni suscitare dalla foto (quella stessa che ho posto in testa a questo post). “In fiduciosa attesa — chiosa a effetto il vicedirettore — della prossima foto, quella del poliziotto bianco che soccorre il manifestante nero”.
Termini la lettura e ti ritrovi proiettato in un mondo in “bianco e nero” assai diverso da quello “a colori” (sì, lo so: schizza poesia da tutte le parti), schiacciato tra gente insensibile e col manganello svelto come raccontava quella foto — era il novembre del 2014 — scattata a Portland (Oregon) in cui il sergente Bret Barnum abbraccia il dodicenne Devonte Hart. La foto, nel caso in cui non la ricordaste, potete andare a guardarvela qui, in bella mostra, sul sito de la Stampa. Magari — voglia e tempo permettendo, dico — potreste girargliela anche al vicedirettore.

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