Il Papa ha riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale. Con i motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Dominus Iesus i costi per ottenere la dichiarazione di nullità del matrimonio scendono a prezzi stracciati e si semplificano di parecchio. Manco a dirlo, parliamo dei matrimoni celebrati con rito religioso, ché per quelli celebrati con rito civile c’è il divorzio, che — come i più sanno e il restante immagina — impone tempi lunghi e spese quasi sempre onerose assai. Va però rimarcata subito una differenza: “Non si tratta di un processo che conduce all’annullamento del matrimonio. Si tratta — sto usando le parole del cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi — di un processo che conduce alla dichiarazione di nullità. In altre parole, si tratta di vedere se un matrimonio è nullo e poi, in caso positivo, dichiararne la nullità”. Per farla breve? Un conto è il divorzio col suo carico di problemi per la società, per i figli della coppia e per il conto in banca del marito e tutt’altra cosa è la dichiarazione di nullità, che non è annullamento, ché il matrimonio, inteso come sacramento, manco il Padreterno in persona lo può annullare, è — come usa dire — indissolubile, ma, come lasciava intendere il cardinale, ‘sta dichiarazione di nullità è la piana constatazione che, al momento in cui i due si sposavano, le fondamenta a un matrimonio come-Dio-comanda non c’erano, ergo non si trattava di matrimonio vero e i due non sono più sposati, anzi, mai stati. Guardate che finezza, apprezzate la serietà dell’istituzione Chiesa che seriamente tratta le serissime questioni riguardanti i sacramenti. Lo Stato? Beh, quello tratta il matrimonio come squallido contratto tra le parti e come tale ne prevede il diritto di recesso con penali accluse. La Chiesa, no. La Chiesa me lo considera, alla lettera, indissolubile ché quello così disse Gesù. È roba tosta, sacra, e guai a permettersi di scherzarci sopra. Ti sei impegnato davanti al prete con un sì, ma non avevi capito fino in fondo cos’è che esattamente il tipo acchitato a festa ti chiedeva? Tranquillo, il matrimonio è nullo. In cuor tuo sapevi di non esser capace di assumerti l’onere che il pretuzzo ti stava chiedendo, ma hai detto comunque sì? Il matrimonio è nullo. Anche dopo anni e anni dal sì? Sì! Come? Dici che mammà ci teneva assai a che ti sposassi quella piccerella? Disgraziato, ma in questo modo lo sai che hai preso per il culo non solo a mammà ma pure a Dio? Siente a me, scegliti un buon avvocato esperto di sacre pratiche, sgancia il sacro denaro e mi torni zitello in men che non si dica senza — e dico senza — l’obbligo neppure di passare i sacri alimenti a quella (ex) piccirella che tanto piaceva a mammà.
Oh, ben inteso. Se il matrimonio è nullo, non sei mica divorziato, no?! E tu, disgraziato mio bello, non ti sei, carte alla mano, mai sposato e dunque puoi risposarti subito, anche in chiesa; e stavolta, voglio sperarlo per te, consapevolmente. Come?! Pure stavolta non avevi tutte le intenzioni per fare il sacro passo? Testa di cazzo eri e testa di cazzo rimani: sgancia il sacro obolo e ti rifanno di nuovo zitello; ché il cattolicesimo questo ha di bello, ti viene incontro e più sei stronzo — oh, mia pecorella smarrita — e più ti viene incontro. Stronzo in tutte le accezioni, stai tranquillo, l’importante, beninteso, è che tu sia in grado di far finta d’esserlo nel modo che merita il perdono. Ed è per questo che, conti alla mano, converrebbe a che ‘sto cattolicesimo fosse dichiarata di nuovo religione di Stato, in culo alla laicità! Primo atto dell’ipotetica conquista: abolizione della legge sul divorzio. Senza troppe conseguenze, tuttavia, anzi. Quella stronzetta che hai sposato è oramai buona solo a prosciugarti il conto corrente a botta di shopping e cerette? Bene! (Anzi, male) Te ne vai dal vescovo diocesano, che è giudice nella sua chiesa particolare e che assume un ruolo decisivo nel nuovo processus brevior, gli racconti che in cuor tuo non avevi proprio tutte le sante intenzioni per sposarti a ‘sta sanguisuga, e in trenta giorni (più ulteriori quindici di proroga) la mandi a fanculo alla stronzetta a lei, allo shopping e ai peli superflui. Oplà! Tutto qui! E — cosa importante — senza quelle gran rotture di coglioni delle uduenze, degli avvocatucci e dell’assegno mensile da sganciare alla scassacazzi pelosa.
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