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Da mihi factum, dabo tibi ius…

don massimo iuculano 

Don Massimo Iuculano, il prete di Vercelli, s’è fatta scappare una mezza confessione: «Sono cosciente dei miei errori e delle mie debolezze». Per lui le accuse sono di violenza sessuale aggravata e prostituzione minorile: sette mesi di indagini, intercettazioni e riprese in cui i riscontri si sono fatti sempre più evidenti e dipinto un quadro che gli stessi inquirenti hanno definito «inquietante». Pare — a voler dar retta alle cronache sui giornali — che il prelato s’inculasse i ragazzini in parrocchia con la scusa di avere particolari competenze terapeutiche e sportive, offrendo loro qualche ricarica telefonica e un paio di scarpe da calcio.

Il garantismo tante volte invocato per più di un prete accusato di aver stuprato decine e decine di bambini, qui, par di capire, va a farsi fottere allegramente e pure l’Arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, lo dà già per colpevole. Ne, a quanto pare, nessun pio giornalista s’è preso ancora la briga di imbastire un appassionato richiamo ai diritti dell’imputato e un dolente rammarico per come la Chiesa si faccia trascinare dal mainstrem forcaiolo. Nulla. Don Iuculano è solo, al momento non c’è un cane a difenderlo. Nessuno stigmatizza la violazione della privacy che è stata fatta con quelle intercettazioni ambientali. Nulla. E poi, tanto per dire, nessuno prende in considerazione il fatto che uno di quei ragazzi potrebbe aver detto al prete di essere maggiorenne o, peggio ancora, di essere nipote di Maradona, e quello gli abbia creduto, e per salvarlo dalla tossicodipendenza…

Sì, lo so, sto facendo ipotesi del cazzo, ma è che per il povero don Iuculano nessuno spende una parola a difesa, e allora ci ho pensato io. Diciamo che, se fosse stato qualche noto politico — mi si consenta l’ipotesi — adesso sui social c’era l’ola degli innocentisti. Cribbio!

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