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Mio padre aveva paura anche a lavarmi…

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A immedesimarsi solo per un attimo, un attimo solo, nella triste vicenda narrata in “Veleno” [*], che Repubblica ha pubblicato, in podcast, sul suo sito, viene il terrore, monta l’angoscia, manca il respiro.
La storia, ambientata in Emilia, tra Mirandola e Massa Minalese, è quella di sedici bambini tolti alle famiglie accusate di far parte di una setta satanista e pedofila che stuprava e uccideva bambini (mai trovato un bambino morto) nei cimiteri e nelle case. Oggi, quei bambini sono adulti che non hanno mai più rivisto i loro genitori, le famiglie sono andate distrutte, una madre si è suicidata lanciandosi dal quinto piano, un’altra invece è uscita di prigione con un cancro allo stadio terminale, una madre di quattro figli a cui sono stati strappati i bambini di notte è invece fuggita in Francia con il quinto figlio nato nel frattempo.
Una storia raccapricciante, di orrore e di sospetto, al limite dell’inverosimile, che ha avuto inizio con le parole di un bambino di sette anni alla sua maestra, e finita (per le persone che l’hanno subita sulla loro carne viva non è mai finita, ma ha distrutto intere esistenze) con quattordici condanne e un prete morto d’infarto dopo essere stato ingiustamente accusato di essere il capo della setta, colui che ordinava di portare i bambini al cimitero.
Ad ascoltare la ricostruzione, sembra di entrare in un incubo quasi peggiore dell’idea di una setta di pedofili (e) satanisti: il sospetto e il bisbiglio – Però lei lo sa bene che c’è sempre il dubbio… –, uniti alle opere pressanti degli assistenti sociali, subdolamente tese a ottenere da bambini confusi dalla separazione dai genitori, confessioni e accuse. Bambini a cui veniva chiesto, per ore e ore: Sei tranquilla davvero? O fai soltanto finta di essere tranquilla? Forza, racconta: dopo ti sentirai meglio.
L’ex bambino che con le sue parole vent’anni fa ha dato il via a questo spaventoso effetto domino di sospetto e di obbligo morale di pronunciare condanne adesso è pieno di rabbia, di rimorsi e di incubi per gli omicidi che forse ha inventato, per le accuse che ha mosso contro i genitori che non ha mai più visto. “Dopo qualche mese di separazione i bambini moltiplicavano le accuse”, ha scritto Gad Lerner in una sua inchiesta del 9 giugno 2000. Dopo qualche mese di separazione i bambini erano furiosi, scioccati, timorosi e in cerca di lacerazioni interne. Possibile sia tutto vero? Possibile sia tutto falso? Quanto vale un anno nella vita di un bambino, quanto vale tutta la vita di famiglie smembrate con la più infamante delle accuse, in nome del sospetto che monta, s’insinua nella testa di tutti come un tarlo, e diventa, in certi casi, allucinazione, e distruzione indistinta di vittime e carnefici, che s’invertono in ruoli, e si contorcono spasmodicamente fino all’autodistruzione, per poi scoprire, troppo tardi, che esistevano solo le vittime? A Massa Milanese la polizia vent’anni fa arrivava alle cinque del mattino e strappava dall’affetto dei propri cari i bambini. E tutti gli altri avevano il terrore, increduli subivano il terrore. “Mio padre aveva paura anche a lavarmi”, ha detto una giovane nata nel 1993.

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