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…un richiamo all’azione

Sergio Larraín evoca immagini di sagome a sfondo di strade strette, bambini a piedi nudi che giocano nelle strade polverose, luci e ombre intrecciate in un balletto eterno. Nato nel 1931 a Santiago, Cile, la sua attitudine per la fotografia era un fenomeno innato, un bocciolo che fioriva a suo modo.

Il viaggio artistico di Larraín iniziò con una Leica regalatagli dal padre. Da quel momento, la fotografia divenne il suo linguaggio, il suo modo di esprimere il mondo che vedeva, sentiva, respirava. Le sue foto non erano solo immagini; erano frammenti di tempo congelati, storie silenziose che parlavano attraverso i toni del bianco e nero.

La tecnica di Larraín era pura intuizione. Le sue foto avevano un ritmo, un flusso che le rendeva uniche. Catturava i momenti di transizione, l’attimo prima che un evento accadesse, l’istante in cui un volto si trasformava in una smorfia di sorpresa, la frazione di secondo in cui la luce del sole filtrava attraverso le foglie di un albero. Questa capacità di catturare l’effimero, di bloccare il tempo, definisce l’estetica di Larraín.

Il suo stile era una miscela di realismo magico e reportage. Non c’erano pose preparate o inquadrature artificiali. Larraín si immergeva nel flusso della vita, assorbendo il ritmo frenetico delle città, la tranquillità delle campagne, la vivacità dei mercati. Le sue immagini erano il riflesso della sua anima, trasudavano la sua curiosità, la sua empatia, la sua passione per la vita.

Il messaggio che Larraín esprimeva attraverso le sue foto era multiforme. Era un appello all’umanità, un invito a osservare e apprezzare i momenti quotidiani, a svelare la bellezza nascosta nel banale, a percepire l’universale nell’individuale. Le sue immagini erano anche un richiamo all’azione, un monito sulla fragilità del nostro pianeta, sulla necessità di proteggere la natura e di lottare per l’equità sociale.

Nel 1972, Larraín si ritirò dalla fotografia per dedicarsi alla meditazione e alla spiritualità, ma il suo lascito artistico continua a vivere, a influenzare le generazioni di fotografi. Sergio Larraín, un poeta della luce, un narratore dell’umano, un testimone del tempo, la cui vita e arte continuarono a riverberare come un’eco infinito.

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