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una danza tra il divino e l’umano…

“Il Ratto di Proserpina” di Bernini è un balletto marmoreo che affascina e confonde. L’opera scolpisce il vento e la velocità, un’intrecciatura di gesti così vivi che sembrano abbandonare la materia da cui sono nati.

In essa, il giovane Bernini ha imprigionato il mito nel marmo, il rapimento della ninfa Proserpina da parte del dio degli Inferi, Plutone. La scultura è una lotta tra l’implacabile volere del dio e l’orrido terrore della ninfa, con un cane infernale che rincorre la scena con ferocia accecante.

La bellezza dell’opera non risiede solo nella maestria tecnica, la capacità di rendere il marmo duttile come la pelle o feroce come i cani. È altresì la drammaticità del momento catturato: il terrore di Proserpina, il desiderio di Plutone, la frenesia del cane. Tutto questo è espresso con una tale intensità da far dimenticare che stiamo guardando una pietra e non una scena reale.

Le dita di Plutone scavano nel marmo della carne di Proserpina, il cui viso è contorto in un’espressione di terrore e sorpresa. La forza bruta del dio degli Inferi si contrappone alla delicatezza e alla vulnerabilità della ninfa, rendendo ancora più intensa la scena.

Il genio di Bernini si mostra in ogni dettaglio, in ogni piega del manto di Plutone, nell’acqua che sembra realmente scivolare sul corpo di Proserpina, nel terrorizzato sguardo della ninfa rivolto verso un aiuto che non arriverà.

“Il Ratto di Proserpina” è un inno alla forza bruta e al terrore, ma anche alla bellezza e alla tristezza. È un’opera che, pur essendo di pietra, è in costante movimento, una danza tra il divino e l’umano, la luce e l’oscurità, la vita e la morte.

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