≡ Menu

…coloro che la Storia la vivono in prima linea.

Robert Capa, dal vero nome Endre Ernő Friedmann, nato in Budapest nel 1913, è un’icona, un faro che irradia nell’infinito universo della fotografia di guerra. La sua lente, puntata al cuore della battaglia, ha saputo raccontare storie di uomini e donne avvolti nel tumulto bellico, afferrando con disarmante delicatezza l’essenza della guerra: terrore, coraggio, speranza.

Capa ha lasciato impronte indelebili nell’arte della fotografia con la sua formula, semplice e rivoluzionaria: “Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino“. Un invito a ridurre le distanze, a sfiorare l’epidermide del mondo, ad annusare il timore e l’ardore dei suoi soggetti. Lui, col suo apparato fotografico a 35mm, si è tuffato nel cuore pulsante dei conflitti, scontrandosi con l’impervia luce del campo di battaglia.

La pellicola in bianco e nero era la sua tavolozza, con le sue sfumature di grigio capaci di raccontare il dramma e l’eroismo con una profondità insuperabile. Come il minatore che scava nella roccia alla ricerca del filone prezioso, Capa cercava nell’oscuro caos della guerra l’attimo che potesse rivelare la sua verità più intima.

Le sue immagini non erano semplici documenti, erano strofe di un poema ininterrotto sulla condizione umana. Raccontavano di dignità e resilienza, davano voce ai muti, facevano luce sulle pieghe più oscure dell’umanità. Ogni scatto una testimonianza, un racconto che rischiava di perdersi nel turbinio della storia.

Capa, l’uomo, non era meno audace delle sue fotografie. Il suo coraggio lo ha spinto a danzare sul palcoscenico della Storia, tra il fragore delle armi e il soffio della morte. Ha pagato il prezzo più alto per la sua arte nel 1954, in Indocina, lasciando dietro di sé un tesoro di immagini indimenticabili.

Le sue fotografie più iconiche, come “The Falling Soldier”, non sono esenti da polemiche, come pietre gettate in uno stagno calmo, generano onde di interrogativi e dibattiti. Ma la sua impronta, il suo sguardo, rimangono un faro per chiunque tenti di raccontare la guerra con la lente della verità.

Con la macchina fotografica in pugno, Capa ha svelato la guerra in tutta la sua crudezza e intimità. Ha raccontato la Storia non con i toni altisonanti dei proclami, ma con il sussurro dei volti e delle mani di coloro che la Storia la vivono in prima linea.

{ 0 comments… add one }

Rispondi