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Ogni scena è un haiku delicato…

Il pennello di Miyazaki disegna un mondo dove regna la quiete. Satsuki e Mei atterrano in quel luogo fuori dal tempo, avvolte dal canto degli alberi e del vento. Scoprono i segreti di una natura ancestrale, dove gli spiriti vegliano tra le fronde.
Totoro ha la panciona di un orso e lo sguardo vispo di un bambino. Si mostra solo a chi serba ancora meraviglia negli occhi, stupore di fronte ai miracoli del creato. Insieme giocano, volano, danzano al chiaro di luna.
Anche la malattia perde il suo morso in quel mondo incantato. La morte aleggia, impalpabile, ma la vita pulsa tra fili d’erba e giochi di luce. Miyazaki intreccia i ricordi di infanzia alla leggenda, come canne di bambù. Ogni scena è un haiku delicato, intriso di nostalgia.
Piccole grandi magie riempiono il film, come lucciole nella notte. La natura è rifugio e conforto, dispensatrice di prodigi. Miyazaki culla lo spettatore in una dolcezza agrodolce, quella dei giorni che fuggirono via.
Il mio vicino Totoro è una carezza lieve, un abbraccio che scalda il cuore. Un mondo dove il potere salvifico della fantasia avvolge dolcemente lo spettatore.

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