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hic habitat felicitas…

Nelle pieghe della storia romana, le strade lastricate e gli archi maestosi sono solo la superficie. Più in profondo, oltre l’edificio pubblico e la maestosità degli dei, c’è un simbolo che risuona con potenza e mistero: il fallo.
Mentre il cielo di Roma era tappezzato di stelle e il Tevere scorreva placido, il fallo veniva celebrato non per la sua natura provocatoria, ma come un simbolo di protezione e fertilità. Era un emblema di ciò che è nascosto, ma essenziale, qualcosa che ogni romano sentiva in profondità, pur non parlandone sempre apertamente. Nelle strade romane, alla vista di tutti, c’erano rappresentazioni del fascinus, un fallo divinizzato. Non era un oggetto di derisione o vergogna, ma piuttosto un talismano. Un segno che, nonostante le battaglie e i tradimenti, la vita doveva continuare, prosperare e proteggersi dalle ombre incombenti.
Gli antichi romani sapevano che la vita è un ciclo. La nascita, la crescita, la morte e poi di nuovo la nascita. E in mezzo a tutto questo, il fallo come simbolo dell’essenza stessa della vita, un segno del potere generativo dell’uomo e della terra. Era anche un amuleto, uno scudo contro gli occhi invidiosi e i mali invisibili. Quella forma semplice, a volte ritratta in modi che per noi potrebbero sembrare grotteschi, era in realtà un omaggio alla forza della vita.
E così, mentre un generale trionfante sfilava per le strade di Roma, un fascinus veniva appeso sotto il suo carro, proteggendolo dagli sguardi gelosi. Era un simbolo potente, sì, ma anche un ricordo umile delle radici della vita e della necessità di proteggere ciò che è prezioso. La parola stessa “fascinare”, che oggi usiamo per descrivere un’attrazione irresistibile, ha le sue radici nel fascinus. Ma mentre oggi potremmo pensare al fascino come qualcosa di leggero e superficiale, per i romani aveva una profondità che toccava l’anima.
In tutto questo, c’è un invito a guardare oltre la superficie. A riconoscere che dietro ogni simbolo, anche il più audace, c’è una storia, una cultura e una fede profonda. La Roma antica ci sussurra ancora, se solo ci fermiamo ad ascoltare. E in quei sussurri, il fallo emerge non come un simbolo di volgarità, ma come un emblema dell’eterno ciclo della vita.

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