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E non dico “cesso” tanto per dire.

Crocetta

Rosario Crocetta oggi si è autosospeso per aver mantenuto rapporti privilegiati col medico Tutino, indagato e già colpevole di schifosissime minacce rivolte a Lucia Borsellino figlia del noto magistrato vigliaccamente ammazzato dalla mafia.
Sempre a svolazzar sulla merda, Crocetta, questo singolarissimo e avido moscone, pare stavolta si sia trovato, malgré soi, a sporcarsi le zampette. Invero, già le sue spregiudicate giravolte, i suoi continui ricambi di assessori (in due anni e sette mesi ha avuto modo di nominare – e tosto rimpiazzare – tre professori, un’archeologa, uno scienziato, sei avocati, un musicista, un architetto, un pm in servizio, due magistrati in pensione, una studentessa fuoricorso, una sindacalista e diciassette dottori e dottoresse assortiti), la disinvoltura istrionica con cui ha cercato invano di galleggiare – stronzo su un mare in tempesta – su una regione malandata e allo sfascio, erano di per sé più che sufficienti a testimoniarne il fallimento politico. L’intercettazione col medico Tutino, venuta prepotentemente fuori ai disonori della cronaca nazionale, ha, di fatto, fissato una data – quella del fallimento politico di Crocetta, dico – che, mollemente, andava da tempo fluttuando giù e sù per il calendario. Con le dimissioni di oggi, la Sicilia – visti i risultati delle elezioni dell’ottobre 2012 – è probabile che sarà la prima regione d’Italia a governo grillino (o di centrodestra, che è lo stesso); di certo la carriera di Crocetta, del populista di sinistra, si è esaurita nel modo più indecoroso possibile. Così come indecorosa si è rivelata l’incapacità del Pd nazionale a strutturarsi come partito degno del suo nome. Vampirizzato com’è dalle logiche dei potentati locali – in Sicilia, in Calabria, in Campania, in Puglia –, Renzi l’ha sapientemente sfruttato per balzare in sella al Governo; sopportarne però la riduzione a partito del presidente, affidandosi magari a luogotenenti fedelissimi ma spregiudicati – e, in certi casi, pregiudicati –, comporta, di fatto, una indecorosa sottomissione alle clientele territoriali che, malamente, ne vanno via via snaturando la funzione democratica buttandola nel cesso. E non dico “cesso” tanto per dire.

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