≡ Menu

La famiglia è il porto e la prigione dell’anima…

L’occhio indugia su istantanee in bianco e nero, corpi di famiglia che si intrecciano in gesti sospesi. Scorre lento su volti e mani, braccia che avvolgono, gambe accavallate. Si ferma su un particolare, un piede nudo accostato a una spalla. Poi scivola altrove, su due fratelli stesi a terra, abbracciati.


Sono scene rubate all’intimità domestica, messe in posa da Joanna Piotrowska. Non istantanee di vita vissuta, ma teatro familiare. La famiglia come palcoscenico di tensioni sotterranee, tra rancori antichi e tenerezze logore. L’autrice chiede ai parenti di rievocare gesti di affetto, istanti già vissuti. Li fa posare come sculture umane, corpi che si intrecciano in modi quasi innaturali. Ne escono immagini ibride tra finzione e realtà, tra invenzione e memoria.


C’è qualcosa di ambiguo in queste foto in bianco e nero, volutamente rétro. Sono teneri abbracci o strette soffocanti? Innocenti intimità o sensualità disturbanti? Ogni famiglia nasconde ossessioni indicibili, rancori, gelosie. Eppure è lì che cerchiamo conforto, calore, amore incondizionato.


La famiglia è il porto e la prigione dell’anima. Questo libro ne ritrae il duplice volto, con lo sguardo di chi sa osservare ombre e luci.
Come in Kafka, l’io si forma e si perde nei legami familiari. È l’eterno groviglio di chi si sente a casa e in trappola. La famiglia che abbraccia e opprime. Così ci mostra Piotrowska, in scatti sospesi tra tenerezza e soffocamento. Frammenti di vita che ci appartengono. Con uno sguardo che sa leggere il non detto.

{ 0 comments… add one }

Rispondi

Next post:

Previous post: