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Un Ferragosto di Promesse Vuote…

In un giardino ben curato e lussureggiante della politica, i ministri, come fiori vanitosi, si piegano e si girano verso il sole della propria ambizione. La loro luce, sostenuta da brezze di parole e promesse, tocca la superficie ma non penetra nelle profondità dove si trovano le radici dei problemi.
La ministra al Turismo, Daniela Santanchè, dalla sabbia dorata della Versilia, propone un’immagine, un sogno. Le vacanze sono un diritto, sussurra, come un’onda che si infrange contro la scogliera della realtà. Un diritto, sì, ma a quale costo? La sua voce riecheggia tra gli echi del lusso, in dissonanza con le esigenze di chi anela a una vita più dignitosa.
La discordia regna sovrana in questo governo, ognuno canta la propria melodia, sorda agli altri. “L’agricoltura salverà l’economia italiana”, “l’industria del turismo deve essere la prima della nazione”, “solo le infrastrutture potranno fare ripartire il Paese”, dichiarano con audacia. Piazzisti in contraddizione tra loro, ognuno spinge la propria merce senza pensare a un mercato comune.
I diritti si moltiplicano come stelle in una notte serena: diritti illusori, lontani come costellazioni, mentre i bisogni concreti, come il salario minimo e la sussistenza dei poveri, rimangono nell’ombra. C’è un’arte nel dire senza fare, un’eleganza nel promettere senza mantenere. È l’arte dell’essere un influencer nel proprio settore, il mestiere di soddisfare il cliente momentaneo senza preoccuparsi del domani. Ma il domani arriverà, e i fiori che oggi prosperano potrebbero domani appassire.
In questo giardino della politica, il tempo scorre come l’acqua di un fiume, e ciò che sembra saldo e certo oggi potrebbe essere lavato via domani. Gli italiani attendono una mano ferma, una visione chiara, un piano unificato. Attendono qualcuno che coltivi veramente il giardino, invece di limitarsi a cogliere i fiori più belli.
In questo contesto, il messaggio di buon Ferragosto suona come un canto dolce ma vuoto, una melodia che svanisce nell’aria calda dell’estate, lasciando dietro di sé solo un’eco lontana e il bisogno inespresso di qualcosa di più profondo, di più vero.

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