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come un sorriso da un volto sconosciuto…

In quel bagliore del tramonto, quando il giorno cede il passo alla notte, e il caldo sole accarezza le cicatrici della pelle, si manifesta l’invito silenzioso all’abbandono. Non un abbandono sconfitto, ma un abbandono sereno, al bisogno di pace, al bisogno di respirare. Le ombre lunghe si stendono sulle colline, e il mondo si veste di un colore che non ha nome, un colore che appartiene solo a quell’istante. È un momento fugace eppure eterno, un momento in cui i brutti pensieri, le ansie del giorno, le ferite dell’anima trovano il loro tramonto. La mente è a mille, sì, ma in quei momenti si placano le tempeste interiori. Non c’è più fretta, non c’è più l’urgenza di arrivare da qualche parte. Si cammina, ma senza meta. Si osserva, ma senza giudizio. La necessità di pace e di serenità diventa così palpabile che si può quasi toccare con mano. Gli occhi stanchi non cercano di vedere, ma di comprendere. Non osservano il mondo, ma lo accolgono. Ogni cosa appare nella sua semplicità, senza veli, senza pretese. I rumori si affievoliscono, e anche il vento sembra fermarsi per un attimo, come a rendere omaggio a quel silenzio che si insinua nell’anima.
In quegli attimi si riscopre il valore dell’effimero, l’indispensabilità di ciò che dura solo un istante eppure rimane per sempre. Come un bacio rubato, come un abbraccio inaspettato, come un sorriso da un volto sconosciuto. È in quel breve lasso di tempo che si trova una risposta, una verità che non si può spiegare ma solo vivere. Nella quiete del tramonto, ogni uomo, ogni donna, ogni essere vivente ha l’opportunità di tornare a se stesso, di ritrovare quell’essenza che si perde nel trambusto della vita quotidiana. Non è un ritorno al passato, ma un ritorno all’essenza, al nucleo, al cuore di ciò che si è.
E così, al calar del sole, si può fare pace con se stessi. Si può chiudere un capitolo e aprirne uno nuovo, con la leggerezza di chi sa che ogni fine è un nuovo inizio, che ogni tramonto è l’anticamera dell’alba. Non è un’arte perduta, ma un’arte da riscoprire, quella di sapersi fermare, di sapersi ascoltare, di sapersi perdere per ritrovarsi. In quell’istante di serenità, al crepuscolo del giorno, si trova una connessione profonda e genuina con il nucleo dell’essere. Nel ritrovarsi, nel riappropriarsi di quel momento sospeso tra realtà e sogno, emerge una verità semplice e pura, una verità che non ha bisogno di parole, ma che si esprime attraverso la bellezza silenziosa del mondo. La bellezza dell’essere è lì, nel cuore pulsante della natura, nel soffio leggero del vento, nella melodia discreta del mare, nella carezza dolce del sole. È una bellezza che non si esaurisce né si dissolve, ma che permane e si rinnova, come un ciclo eterno che unisce l’uomo alla terra e al cielo. E così, nel rituale quotidiano del tramonto, in quel passaggio delicato e solenne dalla luce all’oscurità, si apre una finestra sulla saggezza ancestrale, sulla capacità di vedere oltre l’apparenza, sulla forza di abbracciare la vita con umiltà e gratitudine. È un invito a vivere non in funzione del domani, ma in armonia con l’oggi, a scoprire il valore intrinseco dell’attimo presente, a riconoscere in esso l’eco di un’universo intero. È un invito a essere, semplicemente essere, nel fluire ininterrotto del tempo, nella dolce sinfonia dell’esistenza.

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